Palazzo Marzano
da: “Carinola tra storia e immagini”
Circolo Legambiente Nuova “Calenum”
Casa Marzano costituisce un importante elemento di sintesi che racchiude in sé ed esplica la breve e pur intensa vicenda artistica che nel Quattrocento coinvolse Carinola, segnandone profondamente il tratto.
La dimora fu edificata intorno alla metà del XV° secolo, da maestranze catalane, su commissione di Marinello Marzano, duca di Sessa ed esponente di una delle più potenti famiglie baronali del Regno, tanto da guadagnarsi l’epiteto di “piccolo re della Campania”. La posizione di rilievo assunta dai Marzano nell’ambito della geografia baronale del Regno, sancita dal matrimonio dello stesso Marinello con una figlia naturale di Alfonso V, richiese l’edificazione di una magione che fosse all’altezza del prestigio e della dignità raggiunti. Sorse così, ai margini del complesso urbano della contea di Carinola, allora legata al ducato di Sessa, probabilmente su di un’area occupata da un preesistente edificio, una delle più felici ed intense espressioni dell’architettura catalana.
Incisero sulla scelta del sito diversi fattori: la difficoltà di trovare un’area idonea a Sessa; l’importante posizione strategica occupata da Carinola; la vicinanza con lo stesso Alfonso, che in Carinola, pare proprio di fronte a quello Marzano, possedeva un proprio palazzo.
Stando al Filangieri, l’edificio fu opera dell’architetto catalano Guillem Sagrera; e non è da escludere che al suo completamento contribuisse anche il figlio di quest’ultimo: Jaymo; mentre, in un suo scritto sui discepoli del Sagrera, Gabriel Alomar attribuisce la costruzione dell’edificio, sia pure con qualche imprecisione, esplicitamente a Jaymo. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto decorativo, analogie e raffronti consentono di risalire all’opera di maestranze catalane allora presenti sul territorio del Regno ed operanti in altre e più importanti fabbriche della capitale; inoltre le differenze di stile riscontrabili tra i vari elementi sculturali e decorativi e in particolar modo tra il piano inferiore ed il primo piano, consentono di rilevare che ad essi lavorarono due diversi scultori. Comunque, uno studio più attento ed approfondito del manufatto, che tenga conto sia dell’aspetto architettonico che di quello sculturale-decorativo, fa pensare ad un’opera progettata nel suo insieme da un gruppo di autori di grande livello.
Casa Marzano, dunque, si presenta come un impianto organico ed unitario rientrante in una precisa tipologia, che è quella della casa patrizia, già diffusa sul territorio campano, arricchita dalla peculiare esperienza catalana.
Tra gli elementi architettonici di maggior rilievo l’accento va posto sulla corte interna. Infatti nel patio, rimasto pressoché integro dopo la deflagrazione che nel 1943 distrusse gran parte dell’edificio, si concentrano e si sviluppano quei caratteri propri e peculiari che sono alla base dell’arte catalana. Oggi il patio conserva ancora importanti tracce della corte d’onore, con il corpo di guardia e le scuderie; mentre uno scalone porta al piano nobile di rappresentanza, dove da un loggiato si accedeva, da un lato, attraverso una singolare porta ad arco due volte inflesso, alla sala delle udienze (andata totalmente distrutta) e dall’altro agli appartamenti privati.
Lo scomparso portale d’ingresso merita poi un discorso a parte; infatti tale opera, che richiama nella tipologia piuttosto il portale rinascimentale napoletano ad arco depresso, si distacca singolarmente dal resto dell’edificio, invece di chiara impronta catalana (la contraddizione con la porta del primo piano è evidente). E’ difficile oggi stabilire se tale elemento di contraddizione sia il segno di maestranze locali che collaborarono all’opera, sia pure sotto l’influenza dell’arte catalana; o piuttosto sia il segno di un affermarsi di quella tendenza rinascimentale toscaneggiante che ormai si andava diffondendo anche nell’Italia meridionale; o ancora stia a significare un completamento successivo dell’opera da parte di maestranze locali, sia pure sotto la guida dello stesso Jaymo (completamento che comunque non può essere avvenuto oltre il 1458, dato che sull’arco appare la croce dei Marzano, e Marino tradì Ferrante nel 1459). Tale elemento di forte contraddizione riscontrabile nel portale d’ingresso, sia detto per inciso, non intacca minimamente l’unità stilistica e strutturale dell’intera opera, che resta, sia pure ridotta ormai ad un rudere, uno dei più fulgidi esempi “dell’arte venuta di Catalogna” presenti nell’Italia meridionale.
Casa Marzano, rimasta pressoché integra fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, fu parzialmente distrutta nel 1943 ad opera prima delle truppe tedesche in ritirata, che con una carica esplosiva ne minarono la stabilità, e poi di quelle alleate che demolirono le parti pericolanti. Andarono così distrutti gli ambienti prospicienti l’attuale via Roma, gran parte del piano superiore ed il portale d’ingresso, oltre alla rovina di importanti elementi sculturali e decorativi presenti sia al piano terra che al primo piano. Né le vicissitudini di questo importante monumento cessarono con la guerra; infatti il forte ciclone che si abbatté sulla Campania nel dicembre del 1974 distrusse la residua copertura dell’edificio e provocò il crollo di coronamenti murari e sculturali come lo scudo araldico nella chiave di volta dell’arco depresso del loggiato superiore e gran parte dello stesso arco.
Al di là di un primo parziale intervento di restauro, risalente ormai al 1939, che portò alla rimozione di una scala costruita all’interno del patio per disimpegnare le varie proprietà, casa Marzano è rimasta, per lungo tempo, abbandonata a se stessa, e solo in questi ultimi anni è tornata, con una serie di restauri, al centro dell’attenzione.
Così, prima nel 1985, con un intervento d’urgenza per il consolidamento dello scalone d’onore, che rischiava di crollare; e poi, recentemente, nel 1990, con un più ampio ed organico programma di restauro, si è cercato di porre rimedio alla rovina del rudere.
Tra gli interventi più importanti che hanno caratterizzato quest’ultimo restauro, peraltro incompiuto, vanno ricordati: il completamento dell’intervento sullo scalone d’onore, iniziato cinque anni prima; il consolidamento delle strutture murarie; la ricostruzione delle parti mancanti degli archi, attraverso l’uso appropriato di tecniche antiche; la realizzazione di solai di tipo moderno, ai quali sono state sospese volte di metallo leggero, al fine di evidenziare le parti integrate da quelle ricostruite ex novo; la ricostruzione dell’arco che mette in comunicazione il porticato con lo scalone d’onore; ed infine la discutibile ricostruzione del portale e dell’androne d’ingresso.